
A pochi passi da Montepulciano, due fratelli e una birra scommettono sull'agricoltura
Il Birrificio Saragiolino: la prima birra agricola della Valdichiana
Forse non lo sai, ma Piacenza, in Emilia Romagna, vanta ben 3 salumi D.O.P., un primato su tutta la penisola. L'Azienda Agricola Morini si occupa anche di trasformazione, con una sua produzione di salumi e prodotti a base di maiale. Ed anche questo è un caso unico, poiché la filiera si è ormai frazionata per ottimizzare costi e rese, e capita di rado di trovare prodotti curati dalla nascita alla tavola da un unico produttore. L'Azienda Agricola Morini ha sede a Godi, San Giorgio Piacentino, ed alleva suini da ormai 5 generazioni. La tradizione è antica, come la passione, ma l'azienda è in continua evoluzione. La nostra visita inizia dall'allevamento: 3 grandi capannoni, circa 2000 maiali che grufolano in ampi spazi, tra cui una scrofaia e due sale parto. Paolo e Mattia si curano di ogni cosa. Ogni ritmo e azione nella vita dell'allevamento è teso a minimizzare lo stress dei maiali: il periodo di svezzamento qui è di 10 giorni superiore a quanto previsto per legge; inoltre, le logiche di rotazione all'interno dei box, persino la formazione dei gruppi che divideranno gli stessi spazi: tutto è stato pensato per essere a misura di suino. E la qualità è fondamentale, per i Morini. "Ma io non sono tanto furbo" ci dice Paolo, con un sorriso tra il sarcastico ed il divertito, e la musicalissima inflessione emiliana. "Nessun nonno avrebbe mai macellato il maiale a quella pezzatura" ci dice Paolo. I maiali da cui lui ricava i suoi prodotti, infatti, si aggirano intorno ai 250 Kg, come una volta. Della qualità ci accorgiamo subito appena rientriamo verso l'edifico principale, dove oltre al laboratorio sono ospitati gli spazi per lo spaccio e per l'agriturismo. Ci fa assaggiare la loro salsiccia, preparata senza conservanti: la carne, una volta cotta, assume un colore scuro ed una consistenza piena alla quale non siamo più abituati. In quelle industriali, infatti, viene aggiunto fino al 30% di acqua per mantenere la carne umida, di "bell'aspetto", così come il salnitro, che nel consumatore provoca quelle spiacevoli veglie notturne in compagnia di una bottiglia d'acqua. Entra poi in scena un classico della tradizione piacentina, il lardo pesto (pistà ad gràss): lardo stagionato 4-5 mesi, tolto dal sale, quindi macinato con prezzemolo e aglio. Il segreto? tagliare a mano il prezzemolo, invece di tritarlo con le lame elettriche, per evitare che diventi acquoso e conferisca a tutto il lardo colore verde e consistenza liquida. È la volta quindi dei salumi: coppa - naturalmente - e pancetta, stagionata minimo un anno nelle cantine ospitate nell'ex-fienile. Oggi la D.O.P. Piacenza prevede un minimo di 90 giorni, dopodichè la pancetta può essere venduta e consumata. Qui dai Morini i tempi sono decisamente più lunghi, simili a quelli della tradizione, in cui la pancetta si faceva a novembre e veniva tagliata durante la mietitura, a Luglio. Purtroppo, o per fortuna, nessuna abilità di narratore può rendere il gusto di quanto raccontato, e un piacentino e una pavese non sono certo facili da conquistare se si parla di salumi, e di maiale. Sonia e Paolo lavorano in un mondo diviso fra quelli che "buono come il salame che faceva mio nonno non ce n'è" e le industrie che vendono confezioni alimentari antiossidanti che mantengono artificialmente la carne rossa per giorni, anche sotto i neon dei banchi frigo. Non è facile trasmettere il valore del proprio lavoro, quando la stagionalità dei prodotti risulta difficile da far comprendere anche a quelle realtà che si fanno promotrici del prodotto alimentare di qualità, ma che poi pretendono volumi da grande distribuzione, del tutto inconciliabili con i tempi e le logiche del prodotto artigianale e naturale. Per fortuna, però, ci sono anche le soddisfazioni. Per esempio quando arriva un ordine per una cena di gala dell'ambasciata italiana a Parigi, perchè lo chef incaricato dell'evento richiede espressamente solo "le cosce di Morini"; senza quelle - dice - non avrebbe servito maiale, ma avrebbe cambiato menu. E se lo chef in questione è un pluristellato... Eppure non bastano i pareri degli chef, seppur illuminati. Serve una nostra maggior consapevolezza, come consumatori, che ci porti a capire, apprezzare e salvaguardare "i piccoli". Perchè, come ci ricorda Sonia, "sono i piccoli che mantengono l'ambiente, le tradizioni, la cura degli animali. È un lavoro che va fatto per passione, non per lo stipendio". Sono una qualità e un valore che non possiamo permetterci di perdere.
Noi siamo andati a visitare uno dei pochi allevamenti di suini rimasti in provincia, ed abbiamo scoperto che è gestito da una sola famiglia: Sonia, Paolo ed il giovanissimo Mattia, il primogenito. Ma non è tutto.
La sorpresa? abbiamo trovato tradizione, etica e una qualità davvero eccezionale... fuori da ogni consuetudine e da ogni disciplinare.
Nel 2002 Sonia e Paolo hanno ristrutturato la vecchia stalla dei bovini e vi hanno ricavato il laboratorio di trasformazione e le cantine di stagionatura.
Ma andiamo per ordine...Allevatori dal tempo del bisnonno
D'altra parte, ci spiega Paolo, non vi è nessuna etica ma nemmeno alcun ritorno nell'allevamento che maltratta i suoi ospiti: la serenità del maiale, alimentato in ogni fase della crescita con il suo cibo più adatto, si traduce in una qualità della carne superiore.
Tanto da far prendere decisioni "contro corrente", come quella di fare salumi al di fuori della D.O.P., che prevede che il maiale venga macellato intorno ai 160/175 Kg. Sarà una coincidenza, ma questa pezzatura rappresenta il picco di maggior redditività del suino per l'allevamento; superata questa stazza, il tasso di crescita del maiale comincia a diminuire mentre l'appetito continua a salire: insomma, consuma di più e cresce meno, diventando antieconomico per l'allevatore.
Per fortuna, direi! Perchè i suini della pezzatura prevista dal disciplinare sono gli indiretti responsabili della classica braciola che, una volta in padella, si restringe drammaticamente. Questo perchè la carne non è ancora del tutto pronta a quell'età.Una produzione naturale
Qui ci accoglie Sonia, dolcissima: con lei, al tavolo, inizia un bellissimo viaggio tra i piatti della tradizione, che spiega con rispetto e profonda conoscenza.
Assaggiamo anche un remotissimo parente dei wurstel che - come dichiarò ancora bimba la figlia di Sonia e Paolo - "sa troppo di carne". La ricetta è un vecchio sogno di Paolo: la sfida è stata trovare l'ingrediente in grado di conferire il tipico gusto affumicato...senza polverine, additivi chimici o costosi macchinari. Quale strana diavoleria? Semplicemente, sale affumicato. Il risultato è un wurstel ricco di sapore e consistenza, adatto anche ai celiaci e del tutto naturale.
"Mia nonna me lo preparava per merenda, da spalmare sul pane" ci racconta Sonia; si vede (e si sente) che la sapienza è antica.
Insieme ai classici assaggiamo anche i Morinotti, due specialità ottenute dalla fesa del prosciutto stagionate almeno 12 mesi, e una copiosa quantità di bortellina (burtlèina) su cui ogni salume è destinato a trovare degno riposo.
Sonia la prepara con solo acqua e farina, cotta in appena un cucchiaino di strutto, ma senza friggere: è quanto di più tipico ci sia nel piacentino per accompagnare i salumi (...colpo di scena, non è lo gnocco fritto!).
E poi il Porcùnto, rivisitazione personalissima di una ricetta medioevale, il cui nome evocativo rende benissimo la misticità dell'assaggio.
Ma assaggiare un prodotto completamente naturale - creato con cura, rispetto e serietà - è un'esperienza che difficilmente lascia indifferenti.La sfida: tra difficoltà e soddisfazioni
Tra un mondo fatto di nostalgica ignoranza e un altro sintetico e artefatto, che cerca di plasmare la natura sulle richieste del mercato (ma quale mercato, poi?).
Perchè niente è più convincente di un assaggio, di un gusto che risveglia i nostri sensi intorpiditi e pigri. Niente è più emozionante di un paesaggio autentico, di un mestiere antico.
Niente è più prezioso di un prodotto naturale.
"Andiamo avanti con i nostri progetti e con il nostro lavoro: non stiamo fermi. Lavoriamo come bisogna lavorare."
E noi aggiungiamo, continuate così!